MIO PADRE A S. SALVATORE IN LAURO
di Antonella Greco
(…) C’è un ricordo diretto che colloca, moltissimi anni fa, la figura di mio padre alle vie e alle piazze che circondano San Salvatore in Lauro ed il Pio Sodalizio dei Piceni. Una zona “metafisica” avrebbe detto lui: con ciò significando una zona appartata, anomala rispetto al traffico e al frastuono infernale di Roma, specialmente li dove i Coronari confluiscono nell’invaso silenzioso della piazza e poi girano fino a raggiungere la salita di Palazzo Taverna. (…)
(…) A lui, ragazzo siciliano con la febbre dell’arte, questa città indolente, disincantata e bellissima aveva tolto il sonno, costringendolo a peregrinazioni continue, ad una esplorazione di tutte le sue sacche e pieghe e rughe, di cui rimaneva una conoscenza capillare di pietre, mattoni Chiese e Musei, ma anche di bar, trattorie, leggende mai più metropolitane. (…)
(…) Ma c’è un’altra particolarità che lega Greco scultore a questi brani straordinari di Roma e di cui io posso portare testimonianza. La voglia, per uno scultore come lui, di costruirsi o di ricavarsi uno studio in un pezzo di Roma antica. Quando, con gli altri artisti italiani (Guttuso, Leoncillo, Brunori, e altri di cui mi sono dimenticata) Greco dovette lasciare Villa Massimo, altre mattinate delle nostre domeniche erano dedicate a una sorta di ricerca impossibile. Giravamo infatti per tutte le mura ed i ruderi di quella Roma anni cinquanta: incastrati nei bastioni e nei ruderi, esistevano allora studi di artisti inimmaginabili tra il verde dell‘edera e il rosso dei mattoni. Studi pieni di buio, di polvere e di ragnatele. Dove mio padre, con il suo entusiasmo per la scultura e per Roma in generale, avrebbe dato la vita per poter lavorare. (…)
(…) Sono quindi molto felice che mio padre, sebbene non più in vita, abbia potuto soddisfare quel suo antico desiderio di essere alloggiato in un pezzo della Roma storica che tanto amava. Sono anche sicura che l’dea di trovare ospitalità per un gesto generosissimo del Pio Sodalizio dei Piceni, e di Amos Ciabattoni in particolare, gli avrebbe fatto accettare con animo più lieto l’idea della necessità improcrastinabile della costituzione degli Archivi di un Artista. (…)
(…) E qui devo fare un’altra digressione; uno dei crucci della sua vita di scultore, era infatti non aver avuto mai (e soprattutto con il mio aiuto) uno studio sistematico e corposo della sua opera, come vedeva fare, negli ultimi anni, a tutti gli artisti italiani. (…)
(…) Se da una parte, quindi, non capiva perché mai io mi “occupassi di tutti” (in genera di architetti) e non mi fossi mai occupata di lui, recriminando come solo i padri sanno fare, dall’altra considerava una violenza ogni genere di intrusione e impallidiva quando mi vedeva ricostruire tramite lettere e documenti vicende altrui, magari di persone che aveva lui stesso conosciuto. Negli ultimi anni – e purtroppo forse era un segno di declino – si era però convinto. (…)
(…) Credo quindi che gli sarebbe dolce sapere che un Presidente generoso e lungimirante, e un altrettanto generoso Ente morale, hanno concesso alle sue opera – e a tutta la documentazione necessaria — un asilo che lui amava. Gli Archivi Greco dovranno svolgere qui un’attività che è insieme di conoscenza e di tutela nella vita di ogni artista. (…)